Note a margine sull’uscita dallo spazio di via Neruda


L’apertura – il contesto esterno iniziale e la sua evoluzione

Tutto ebbe inizio nel 2001. Le manifestazioni contro il G8 represse con una ferocia che non si vedeva da decenni. Le Torri gemelle che crollano, l’annuncio della guerra da parte degli USA guidati da George W Bush. Una guerra che procede inesorabile, nonostante manifestazioni in diverse parti del mondo, partecipate come non si vedeva da anni, chiedessero di non procedere su quella strada.

Manifestazioni ignorate e represse.

Quello che è accaduto dopo è stato lo sgretolarsi sempre più rapido del tessuto sociale.

Lo smantellamento dello stato sociale ha legato il nostro già poco tempo libero a un lavoro sempre più schiavizzante o alla sua ricerca, sempre più difficile e onerosa in termini di tempo.

Con gli anni internet da possibile spazio di libertà è diventato strumento di profitto e controllo delle nostre vite, trasferendo lentamente e inesorabilmente le relazioni tra persone lì dentro, con tutto il portato di divisioni, disinformazione, allontanamento dalla realtà reale.

Nel nostro piccolo abbiamo provato a opporre resistenza a questi cambiamenti, con l’idea di uno spazio che fosse allo stesso tempo un fortino di resistenza a queste trasformazioni / involuzioni, che riguardano tutte e tutti, e un incubatore di pratiche, di analisi e riflessione critica dell’esistente, di relazioni umane ostinatamente contrarie a quella deriva individualista ed egotica, da propagare all’esterno.

Abbiamo fronteggiato anche in modo diretto, qui nella nostra città, gli attacchi diretti dei fautori di questo imbarbarimento sociale, riuscendo a sopravvivere a uno sfratto esecutivo e al pagamento di 22000 euro di arretrati, con estrema fatica e grazie al supporto di tante persone amiche che ci hanno sostenuto in quei momenti difficili.

Le attività

In questi giorni di preparazione della chiusura di quell’esperienza chiamata Casa in movimento abbiamo ripercorso tutto quello che è passato tra queste mura:i tantissimi incontri e testimonianze: da Giovanni Impastato a Malalai Joya, a chi ci ha raccontato Gaza in diretta o il Kurdistan o l’Afghanistan, alle serate di auto-formazione per provare a capire insieme, ai baratti, la ciclofficina, alle serate di teatro, i concerti, le serate De André…

E poi tutto il lavoro delle scuole popolari: le scuole di italiano che erano un modo di costruire gruppi di uomini e donne alla pari che, attraverso lo studio dell’italiano, provassero a costruire un modo diverso di stare insieme, ai “dopolascuola”, piccole comunità di bambine e bambini che affrontano insieme la sfida della scuola…

Non abbiamo mai offerto “servizi”, per questo non abbiamo mai aderito a bandi e siamo sempre stati liberi da amministrazioni, qualsiasi esse fossero.

Abbiamo provato a essere uno spazio di libertà, sperimentazione, co-creazione con le persone che hanno deciso di prenderne parte.

Le pratiche

La Casa è stato un luogo di pratiche, ci piace raccontarne una: quella del giro tavolo.

In qualsiasi situazione, riunione, ognuno ha un tempo per parlare, un tempo uguale per tutti e tutte, un tempo in cui ognuno/a parla ed esprime il suo pensiero.

Nessuno si salta e nessuno “conta di più”, non ci si parla addosso ma si parla in un cerchio. E piano piano tutte e tutti imparano a prendere la parola, nessuno parla per conto di altri e nessuna parola vale più di altre. Non ci sono “capi”, ma cerchi che provano a praticare piccoli pezzi di mondi possibili, con più giustizia, bellezza, dignità…

Ci vuole tempo, tanto tempo, per questo siamo lenti, siamo “rinoceronti”. Non ci sono maggioranze, ma solo pensiero condiviso che arriva… con tutto il tempo di cui ha bisogno, che a volte è più di quello e stretto e rapido che il mondo di oggi ti concede, ma che è stato quello che ci ha reso appunto un “noi”.

Un noi dove nessuno prende il potere, senza capi, ma che cerca di suscitare in ognuno/a potenza vitale, capacità di essere generativi.

Questa è una delle cose che chi ha “fatto Casa” si porterà sempre dentro: aver provato a costruire cerchi, a fare le cose insieme a migranti, bambini, donne, famiglie, a fare le cose con loro e non per loro, o al posto loro o su di loro.

Dove tu ci sei dentro alla pari, dove capisci che nell’oppressione del mondo ci siamo dentro tutti e tutte nello stesso modo, e che se si vuole cambiare qualcosa, a partire da noi e da ciò che abbiamo dentro, l’unico modo è farlo insieme.

La Casa è un organismo, vive

Questo spazio è legato alla specificità delle persone che l’hanno generato, quel gruppo umano così particolare è stato parte di un unico organismo, la Casa, che ha avuto un suo ciclo vitale.

Far nascere e vivere la Casa è stata una sfida molto ambiziosa su questo territorio.

La Casa ha convogliato tantissime energie di chi voleva non un semplice luogo di aggregazione ma appunto una casa dove costruire spazi, spazi diversi che rispondevano a diverse necessità (integrazione, informazione, cultura, musica, festa) e che potessero essere di libero accesso a chiunque.

Come tutte le esperienze di autogestione anche questa è stata complessa.

Autogestire uno spazio dal basso non è una questione semplice, non è semplice agire in modo collettivo e rimanere saldi nel rifiuto di gerarchie o verificarsi di prevaricazioni.

Questo gruppo ha scelto la pratica del giro-tavolo per la continua ricerca di idee e azioni collettive. Questo modo di essere collettivo, delle diverse associazioni e della Casa nel suo insieme, non è mai stato messo in discussione ed è stato praticato sempre.

Sicuramente è stato impegnativo e non sempre facile mantenere questa coerenza e questo senso collettivo, ma in 20 anni di vita, le persone della Casa si sono ascoltate, si sono parlate, talvolta con toni più accesi, ma difficilmente hanno litigato, anche quando abbiamo attraversato momenti difficili.

Ciascun*, secondo le proprie possibilità, ha avuto cura degli spazi, delle relazioni e delle pratiche.

Questo modo di essere Casa ha richiesto quindi a ciascuna e ciascuno un investimento personale cospicuo, che non ammette delega, perché qui nessuno è capo dell’organizzazione, ciò che si fa si fa insieme.

Ognuna ed ognuno ha prestato attenzione a idee e proposte del giro-tavolo con l’obiettivo di fare sintesi comune e…… “sì! Mi hai convinto!”

Ciascun* ha messo dedizione per la progettazione e la realizzazione delle moltissime attività e serate realizzate qui.

Questo è il grande lavoro che c’è stato “dietro le quinte” delle bellissime e spesso emozionanti serate di approfondimento e confronto sui conflitti, degli spettacoli di musica e teatro, delle serate De André e di tutti gli incontri della scuola popolare migranti e della scuola popolare migranti donne.

Un gran fervore e molta bellezza hanno attraversato questi spazi grazie al collettivo della Casa in Movimento, che ha creato qualcosa che non c’era, qualcosa di eccezionale.

Altre strade, il prossimo passo

Non ce ne andiamo a mani vuote: molte persone sono andate per strade diverse, per condizioni di vita diventate troppo pesanti, per scelte che le hanno portati altrove, sono uscite trasformate da questi anni, e hanno proseguito quello che abbiamo iniziato qui dentro su altre strade, in altri luoghi e in altre forme.

Chi si è format*, anche grazie a decenni di condivisione in questo spazio, sta investendo altrove il nostro comune patrimonio di conoscenza in mille luoghi e con altr* compagn* e questa è l’eredità più viva e preziosa della Casa.

Non siamo mai stati un gruppo chiuso, ma abbiamo coltivato una forte identità che oggi non ha più un’unica espressione unitaria e lascia che le strade si moltiplichino e si separino.

Partiamo con delle tendine leggere, basta Casa. Quindi ci troveremo dappertutto, pronti a spostarci dove serve e dove possiamo ancora fare un prossimo passo. E ci sarà ancora un noi, con la “n” minuscola: buona gestazione!

La Casa è viva! Che Viva la Casa!